Marina di Pisa: il confine tra acqua e vento
Marina di Pisa in pieno agosto, con gli ombrelloni colorati sulla spiaggia di sassi bianchi.
Oggi voglio dedicare un articolo del mio blog a un luogo che amo profondamente, e che mi è anche geograficamente vicino: Marina di Pisa.
Marina è un luogo speciale, e ha avuto un ruolo fondamentale nel mio percorso fotografico. Proprio da qui, nel 2012, ancora in una fase di immaturità espressiva, è nata la mia idea di mare come soggetto, spazio e concetto. Quell’anno Marina festeggiava i suoi 150 anni: fondata nel 1892 intorno agli stabilimenti balneari Ceccherini, agli albori della Belle Époque, Marina si è sviluppata negli anni mantenendo un'identità forte, distinta, quasi in contrasto con Pisa città.
Il marinese non è il pisano. Marina è sempre stata un po' bastian contrario, un territorio ruvido e orgoglioso. Quasi un'isola, anche se ben salda sulla terraferma. Una comunità poco incline all'accoglienza di maniera, ma autentica, vissuta, profondamente legata al suo paesaggio: il mare, la foce, la pineta.
È qui che l'Arno si getta nel Tirreno, a Bocca d'Arno, dove sorgono i retoni da pesca, dove si pescano i branzini, dove si parte per il largo. Un paesaggio fatto di contrasti: sabbia e scoglio, fiume e mare, vento e calma. Marina è un concetto, non solo un luogo. Ed è proprio Marina che ha ispirato il mio lavoro fotografico "Tra Foce e Pineta", realizzato nel 2012 con le interviste di Cristina Barsantini, profonda conoscitrice del litorale, che mi ha aperto le porte e i ricordi di tante persone ritratte. Il progetto, divenuto poi un libro edito da ETS, anche con il contributo letterario di Marco Malvaldi, autore che ha saputo raccontare con ironia e affetto l'identità di questo angolo toscano.
Malvaldi scrive che Marina è "come quei ragazzi che a scuola potrebbero fare di più ma si impegnano poco". Ed è vero: Marina è scontrosa, non si concede facilmente, ma ti lascia entrare in punta di piedi, ti tollera e poi, pian piano, ti conquista.
A Marina si va a vedere il tramonto, a guardare l'Arno in piena buttarsi nel mare e incresparlo, a farsi schiaffeggiare dal libeccio e osservare le onde che si infrangono sulle spiagge di sassi bianchi e sulle dighe artificiali che difendono la costa.
A Marina si va anche quando soffia lo scirocco: quel vento caldo e appiccicoso che smussa i contorni, fonde mare e cielo in un unico abbraccio lattiginoso, altera i colori, ma porta con sé un respiro.
Marina è fatta per il mare libero. Qui si piantano ombrelloni colorati, si sceglie tra spiaggia, sasso o scoglio: ce n'è per tutti. Si gioca a pallavolo sulle dighe, si nuota anche quando il maestrale alza le onde, si prende il sole, si cammina.
E poi si chiude la giornata con un aperitivo al tramonto, mentre il sole affonda dietro le isole dell'arcipelago toscano, visibili nei giorni limpidi come se si potessero toccare. Un rito semplice, fatto di luce, salsedine e gratitudine.
Marina di Pisa è tutto questo. È un confine mutevole tra acqua e vento, tra cielo e pietra. Un luogo che non smette mai di raccontare, a chi ha voglia di ascoltare.